Low Carbon Fuels (LCF), sia liquidi che gassosi, sono classificati, in funzione della materia prima rinnovabile utilizzata, in:

  • biocarburanti tradizionali ottenuti da oli vegetali tramite fermentazione di materiale vegetale contenente zuccheri e amido
  • biocarburanti avanzati ottenuti da materiali di scarto di origine organica
  • recycled carbon fuels ottenuti da rifiuti indifferenziati e dal riutilizzo di rifiuti plastici (plasmix) non utilizzabili per il riciclo chimico della plastica
  • e-fuels (carburanti sintetici) ottenuti dalla sintesi di idrogeno rinnovabile e CO2, ricavata dall’atmosfera o molto più opportunamente da sorgenti concentrate

Tali prodotti determinano nel loro ciclo di vita un taglio della CO2, rispetto al corrispondente prodotto fossile, variabile in funzione della materia prima utilizzata che va da un minimo del 40% ad oltre l’80% per i biocarburanti avanzati e oltre 90% per gli e-fuels. 

Diverse raffinerie stanno inoltre lavorando su progetti finalizzati all’utilizzo o alla produzione del cosiddetto “idrogeno verde”, ovvero l’idrogeno prodotto da elettricità rinnovabile, che offre il doppio vantaggio di ridurre le  emissioni dei carburanti e degli altri prodotti della raffinazione, consentendo al tempo stesso lo stoccaggio dell’elettricità rinnovabile in eccesso generata quando l’offerta supera la domanda. Una tecnologia che ha il potenziale per rafforzare la posizione di leadership dell’industria della raffinazione europea nella diffusione di future soluzioni a basse emissioni di carbonio come PTL e H2 per la mobilità. 

L’Italia è già leader nelle tecnologie di produzione di biocarburanti con due bioraffinerie, la prima realizzata già nel 2013. 

Si sta investendo anche per lo sviluppo di impianti, integrati nel tessuto produttivo locale, per la produzione di recycled carbon fuels e, in via sperimentale, in impianti di produzione di e-fuels 

In questo scenario le raffinerie potranno avere un ruolo determinante anche a beneficio di altri comparti industriali, agendo come hub energetici a sostegno dello sviluppo e della produzione di idrogeno clean e low carbon.  Nel contesto dell'integrazione del settore energetico, le raffinerie potranno inoltre svolgere un ruolo chiave nella gestione delle emissioni di CO2 all'interno dei cluster industriali fornendo una gamma di energie e prodotti a  basse emissioni di carbonio, sia per il settore dei trasporti che per la petrolchimica. 

Lo sviluppo di combustibili alternativi è anche un settore di grande interesse per le aziende che operano nella logistica e nella distribuzione. Si stanno sviluppando progetti per un combustibile alternativo costituito da  metanolo derivante da gas naturale ed etanolo da fonti rinnovabili (poi miscelati con i componenti petroliferi delle raffinerie). 

Nella distribuzione dei prodotti, alcuni punti vendita stanno offrendo ai consumatori un’ampia gamma di carburanti e energie alternative. Inoltre, stanno utilizzando energia rinnovabile autoprodotta per rendere gli stessi punti vendita energeticamente e carbonicamente neutrali. L’obiettivo è di trasformarli in veri e propri «Punti vendita energie per la mobilità». 

I low carbon fuels producono i seguenti vantaggi:

  • Utilizzabili per tutti i tipi di trasporto
  • Impiegabili nel parco circolante esistente con vantaggi ambientali immediati
  • Contribuiscono significativamente alle filiere dell’economia circolare 
  • Consentono lo sviluppo nel lungo termine dei motori a combustione interna (MCI) in cui la filiera nazionale della componentistica è strategica 
  • Valorizzano il patrimonio infrastrutturale esistente nel nostro Paese (13 raffinerie- di cui due bioraffinerie; oltre 100 depositi > 3000 mc; 21.700 punti vendita)
  • Sviluppano filiere interamente nazionali, senza dipendere da manufatti o materie prime in mano a pochi Paesi
  • Consentono la riconversione delle professionalità oggi impiegate nella filiera dei carburanti tradizionali, circa 150.000 unità - tra diretti ed indotti -, incrementando il patrimonio di competenze esistente

Life cycle analysis

La CO2 è un climalterante e non un inquinante, a tal fine è importante calcolare il suo risparmio non solo nel momento dell’utilizzo ma secondo un approccio basato sul Life Cycle Analysis (LCF), cioè una valutazione complessiva delle emissioni rilasciate in fase di produzione del vettore energetico, in fase di produzione del veicolo fino al suo smaltimento, e nel rispetto della neutralità tecnologica.

In questo modo si valorizzerebbe il contributo dei LCF offrendo ai consumatori la possibilità di scegliere tra diverse opzioni tecnologiche a basse emissioni, aiutando l’industria europea a mantenere la leadership sui motori a combustione interna e la catena del valore dell’automotive, garantendo la sicurezza degli approvvigionamenti e riducendo la dipendenza dalle fonti estere e favorendo, infine, la decarbonizzazione in settori come il trasporto aereo, marittimo e di merci su strada, dove al momento non esistono alternative altrettanto valide.